IL MISTERO SVELATO DELLA MORTE DI GIUSEPPE MARIA BERRI
- Giorgio Berri
- 5 lug 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 11 lug 2022
Negli ultimi 400 anni di storia, tutti i miei antenati diretti (padre, nonno, bisnonno, trisnonno ecc...) hanno vissuto più di 30 anni di vita, eccetto uno: il mio quadrisavolo Giuseppe Maria Berri.
Questo "bisnonno di mio nonno" era nato nel 1806 e si spense nel 1836, l'anno in cui la prima terribile epidemia di colera si diffuse in tutta Europa.
Fu il colera a stroncarne la giovane vita?
Possibile, ma come poterlo confermare?
Giovedì, 9 giugno 2022: la mattina è passata tra le carte dell'archivio parrocchiale di Castelnuovo Scrivia.
La ricerca di dati riguardanti i miei "inafferrabili antenati" Pietro Antonio Berri e Paola della prima metà del 1600 prosegue, ma le carte sono sbiadite e confuse: non è facile trovare qualcosa.
A mezzogiorno dovrò lasciare il campo per ritornare nel primo pomeriggio sempre a Castelnuovo, per visitare un altro archivio storico: quello comunale ubicato nel palazzo Centurione.

Una giornata molto impegnativa!
L'opportunità mi è stata offerta dalla vicesindaco e assessore ai beni culturali Paola Pisa: sarà il signor Fabio che cortesemente mi aprirà le porte di un altro "time-gate"che mai avevo visitato prima.
I locali sono pieni di armadi, all'interno dei quali sono sistemati i faldoni contenenti i documenti. Fabio mi porge l'inventario cartaceo, ma io ne avevo già consultata una copia digitale dal link https://www.storiabassavallescrivia.it/archivi.php ed avevo già identificato alcuni argomenti di interesse: in quelle pagine stampate trovo comunque conferma dei faldoni da visionare.
Dopo aver capito come muovermi tra i numeri identificativi degli armadi, inizio a cercare gli atti che desideravo.

Tra quelle migliaia di pagine, spero di trovare le risposte ad alcuni misteri legati alla mia famiglia.
Ed è proprio quello che accadrà!
E' una strana duplice emozione: muoversi tra quelle carte, leggere gli anni sul dorso dei registri, scorrere le pagine rimaste chiuse per secoli e non trovare nulla... tutto questo suscita al contempo frustrazione e meraviglia.
Non ci sono i Berri, vero, ma ci sono battaglie, progetti, nomi, riunioni, nascite e morti: la storia di Castelnuovo improvvisamente vive di fronte ai miei occhi, ed è la storia che hanno vissuto i miei più antichi antenati.
Eppure sono certo che le informazioni che cerco siano sepolte tra i milioni di righe che mi circondano.
Cosa cercare? Di sicuro non gli atti di nascita, morte o matrimonio perchè gli archivi dei Comuni italiani inizieranno a gestire questi atti solamente dal 1806, quando lo "Stato Napoleonico", che prese il controllo del territorio nazionale, gli impose di farlo, sottraendo alla Chiesa un controllo sociale ed amministrativo che era durato secoli.

In compenso sono presenti i resoconti delle riunioni comunali a partire da inizio 1600, alcuni censimenti per il pagamento delle tasse del 1700 e, tra gli altri, vari documenti riguardanti la sanità pubblica del 1800.

Ed è proprio questo argomento ad interessarmi. C'è un faldone denominato "1836 Lazzaretto e locali d'isolamento: carteggio" che forse contiene qualche informazione riguardante la morte del quadrisavolo Giuseppe Berri.
Se il decesso fu causato dal colera, probabilmente fu mandato nel lazzaretto, ed il suo nome forse appare nel carteggio! Lo apro ed inizio a leggere i vari documenti che contiene.
L'EPIDEMIA DI COLERA DEL 1836
L'atto di morte di Giuseppe era già stato ritrovato nell'archivio parrocchiale anni fa: è dell'8 agosto 1836 ma in quel documento nulla si diceva riguardo le cause del decesso.

In quell'anno c'era stata la prima epidemia di colera: logico pensare che fosse morto per quel motivo.
Dopo aver sfogliato alcune carte, comprendo che sono resoconti riguardanti i malati di colera di Castelnuovo che venivano accuditi da personale specializzato ("speziali", una specie di farmacisti) assunti per assolvere a tale scopo.
Io sto invece cercando la lista dei malati mandati nel lazzaretto, e penso: sono carte interessanti ma non mi servono...
Mai pensiero fu più sbagliato; mai sorpresa fu più gradita!
Tra le mani mi ritrovo un "rapporto" datato agosto 1836, redatto dallo "speziale Barichelli" ed inviato alla "Facoltà Sanitaria" di Castelnuovo responsabile del controllo dell'epidemia.
Tra le visite compiute dal Barichelli in quel caldo mese estivo, ecco apparire in una riga scarna le seguenti parole:
"8 agosto 1836 Berri.... morì in casa sua".

E' lui: la data corrisponde, il cognome pure!
E' la testimonianza ufficiale della morte di mio quadrisnonno!
Giuseppe Berri morì quindi di colera (come avevo sospettato) e morì in casa sua!
L'emozione è enorme: è la conferma che la morte avvenuta a 30 anni avvenne proprio per quell'epidemia.
Giuseppe, nato nel 1806, si era sposato da poco, il 7 gennaio 1834, con Carolina Lago ed aveva avuto lo stesso anno, il 3 dicembre, un figlio maschio: Carlo Giuseppe.
Probabilmente si occupava non solo della sua famiglia, ma anche delle quattro sorelle nubili, in quanto il padre ed il nonno (falegnami) erano deceduti nel 1824 ed il primogenito, Luigi, suo fratello maggiore, stava studiando medicina a Torino.
E così, forse lavorando come falegname, Giuseppe si occupava di tutta la famiglia, fino a quando il "morbo asiatico" non lo colpì duramente, portandolo alla morte.
In quella riga così asciutta, asettica cronaca di eventi travolgenti ed inaspettati, c'è però una verità profonda e sentita: egli morì in casa sua.
Il colera era una malattia che incuteva terrore: a quei tempi nessuno aveva ancora capito chiaramente le modalità di trasmissione. Oggi sappiamo che la malattia si diffonde grazie al vibrione che vive nelle acque, nei cibi o nei liquidi corporali infetti ma allora, nella ridda di ipotesi e teorie, ce n'era una che proponeva come tramite dell'infezione "l'aria malsana".
E quindi i malati venivano isolati nei lazzaretti: meglio allontanarli dagli altri membri della famiglia perchè il loro stesso "respiro" (si credeva), il loro "cattivo olezzo" avrebbe forse potuto infettare ed uccidere chiunque.
E così, in quei luoghi orribili e desolati, circondati da dolore e malattia, trattati con paura e sospetto da medici e persone sconosciute, le persone morivano senza il conforto dell'amore familiare.
Ma la famiglia di Giuseppe si comportò diversamente e, nonostante tutti i rischi che ciò comportava, nonostante i terribili sintomi che l'uomo sicuramente accusò (il colera induce vomito e diarrea), egli fu tenuto in casa.
Forse non ci fu tempo per trasportarlo nel lazzaretto in quanto il decorso della malattia poteva essere, in alcuni casi, fulmineo; a me piace invece pensare che fu il coraggio e l'abnegazione dei familiari a tenerlo tra le mura domestiche, accudito e curato con amore fino all'ultimo da parte della moglie e delle sorelle, mentre suo figlio, il piccolo Carlo Giuseppe, di meno di due anni, assisteva, lattante imberbe ed incosciente, al dramma che avrebbe segnato la sua vita e, in fondo, anche la mia.
Forse anche il fratello Luigi, che era "medico condotto" nel vicino paese di Viguzzolo, accorse per curarlo nonostante la situazione di emergenza che Viguzzolo stessa stava vivendo in quei giorni per la drammatica morìa della popolazione causata dalla stessa epidemia.
Ma fu tutto inutile: così il giorno "8 agosto 1836 Berri.... morì in casa sua".
Le conseguenze di quanto accadde quel giorno per le successive generazioni dei Berri furono tante.
Carlo Giuseppe, orfano di padre e la cui madre si risposò dopo poco, fu "adottato" dallo zio Luigi che non aveva avuto figli e che ben comprendeva come a quel piccolino fossero affidate le speranze del futuro di quel ramo dei Berri, in quanto unico maschio della nuova generazione rimasto ancora in vita; per questo egli lo spinse con amore e saggezza nella fede, nella famiglia, nel lavoro, finanziandone gli studi universitari e permettendogli di diventare medico a sua volta (ed in seguito anche sindaco di Viguzzolo per più volte).
Se Giuseppe non fosse morto, se Carlo Giuseppe non fosse sopravvissuto, se Luigi non lo avesse adottato, il futuro dei Berri, fino ad allora artigiani, sarebbe stato sicuramente diverso.
Ed oggi, con il ritrovamento del "rapporto di decesso" dello speziale Barichelli nell'archivio storico del comune di Castelnuovo Scrivia, sappiamo finalmente e documentalmente cosa accade: una malattia, un dramma, una svolta che non è più solo mera tradizione orale, ma carta scritta, documento ritrovato che ci parla del passato e ci tratteggia la strada per quello che diverrà il futuro di un'intera famiglia.
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