L'ANTICA CASA DEI BERRI: BENVENUTI IN VIA LEARDI
- Giorgio Berri
- 2 dic 2023
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 15 dic 2023
Un testamento "segreto" permise ai Berri di ereditare la loro casa a Viguzzolo.
A Viguzzolo, in via Alberto Leardi 27, si trova una grande casa antica.
Di solito è nascosta alla vista da un austero cancello in legno.
Aprirlo, facendone scorrere il robusto catenaccio e spingendo con forza i suoi pesanti battenti, è sempre un'emozione e una fatica ma è l'unico sistema per accedere al cortile interno.
Entrarvi con l'automobile è una vera sfida: l'ingresso è stretto ed il rischio di graffiare i lati della macchina o danneggiare gli specchietti retrovisori è altissimo.
Ma l'audacia viene ricompensata dalla visione della facciata: un aspetto maestoso e sobrio, senza inutili fronzoli o barocchismi, che giustifica il perché queste antiche abitazioni non fossero solo semplici "case" ma venissero giustamente denominate "magioni".

Sopra una delle porte d'ingresso, troneggia un antico consunto blasone che il giudice Mario Berri definiva affettuosamente "un pollastro spennato": è lo stemma nobiliare della famiglia Guidobono Cavalchini che dominò la zona nei secoli passati e che, probabilmente, fece costruire la casa.
Questa "magione" è composta da tre piani, una cantina ed il cortile con le stalle dove un tempo regnavano buoi, mucche e galline.
Sul retro possiede anche un grande giardino che si dice incorpori una parte delle antiche mura della città.
La storia che narra come la famiglia Berri sia diventata proprietaria di questo muto gigante di mattoni non è soltanto legata ad una semplice compravendita immobiliare: è una storia legata a sentimenti, riconoscenza ed amore.
Una memoria che, come tante delle memorie di Viguzzolo, è rimasta sepolta negli archivi comunali, parrocchiali e in quelli della famiglia Berri.
Oggi quelle carte consumate dal tempo sono state ritrovate ed è giusto che la storia venga nuovamente raccontata.
L'EPIDEMIA
I Berri non sono originari di Viguzzolo, ma di Castelnuovo Scrivia: un censimento del 1463 per il pagamento delle tasse (tortura che non si estingue col passare dei secoli...) conferma che a quel tempo vivessero là ben 9 nuclei familiari con quel cognome. Poi arrivò il colera e cambiò tutto.
Siamo nel 1829.

Luigi e Giuseppe Berri di 26 e 24 anni, sono fratelli e abitano a Castelnuovo con le quattro sorelle che hanno tra i 12 ed i 18 anni. I loro genitori sono morti.
Al primogenito Luigi è stato permesso di studiare, sebbene questo abbia comportato tanti sacrifici per la famiglia a causa dei costi elevatissimi, ed ora il ragazzo è pronto a svolgere la professione di dottore.
A Viguzzolo gli offrono un contratto come "medico condotto" con il vincolo, però, di spostare in paese la propria residenza. Luigi accetta e, nel 1834, si trasferisce.
Il resto della famiglia resta a Castelnuovo.
Giuseppe, suo fratello minore, è falegname come suo padre e suo nonno e si è appena sposato: a dicembre nascerà Carlo Giuseppe, il primo maschio Berri della nuova generazione.
Tutto sembra andare per il verso giusto ma il destino cambia drammaticamente le sorti della famiglia.
Nel 1836 il colera si diffonde in tutta Europa, arriva anche in Italia e fa una strage.
Viguzzolo e Castelnuovo Scrivia vengono pesantemente colpiti da quello che era definito "il morbo asiatico" proveniente dalle navi che commerciavano con l'oriente alle soglie della futura globalizzazione dell'economia.
Giuseppe Berri è una delle tante vittime: muore a casa sua, accudito fino all'ultimo dalla moglie e dalle sorelle.
Il piccolo Carlo Giuseppe è ora orfano di padre.
La mamma si risposerà poco dopo e lo zio Luigi, ancora celibe, comprende che il futuro dei Berri è tutto nella sopravvivenza del nipotino.
L'uomo non ha dubbi!
Prende con sé il nipote e le sorelle sopravvissute al colera e li porta a Viguzzolo, abbandonando per sempre Castelnuovo Scrivia, "nido" dei Berri per più di 500 anni.
Quest'atto di amore e di responsabilità farà nascere la stirpe dei "Berri di Viguzzolo", che, tra difficoltà e ostacoli, riuscirà a prosperare, diffondendosi in Italia negli anni a seguire.
Luigi diventa quindi il "padre adottivo" di Carlo Giuseppe, e, nel frattempo, combatte il colera, salvando la vita a molti viguzzolesi.
Nel 1839 sposa Rosa Giacobone.
Fermiamo per un momento la narrazione degli eventi passati per chiederci: dove abitava Luigi a Viguzzolo con la sua famiglia?
Alcuni atti della parrocchia ci svelano che dal 1846 al 1852 i Berri vivessero nella "contrada delle Ortiche", probabilmente nei pressi dell'odierna via Urbano Rattazzi.
E la casa di via Leardi?

Secondo una cartina del paese datata 1860, la "magione" protagonista della nostra storia apparteneva ad un canonico, don Pietro Ruffini, che possedeva anche terre, vigne ed altri immobili ubicati tra le vie allora denominate "contrada del Monastero" e "via Corsica", tratto di strada che venne in seguito dedicato ad Alberto Leardi dopo la morte di quest'ultimo avvenuta durante la spedizione dei Mille di Garibaldi nella battaglia di Milazzo del 1860, colpito da fucilata alla testa.
Ritorniamo alla storia: la moglie di Luigi Berri morì dopo penosa malattia ed egli si risposò nel 1857 con Luigia Palmana.
Il matrimonio fu celebrato proprio da don Pietro Ruffini, fratello della mamma di Luigia Palmana, Teresa Ruffini.
Quando il sacerdote si ammalò, Luigia e la giovane nipote, Antonietta Palmana, si presero cura dell'uomo con dedizione assoluta, fino alla sua morte avvenuta nel novembre del 1869.[1]
Luigi Berri si spense prima, nel 1864, per i postumi del colera, lasciando vedova Luigia Palmana.
Carlo Giuseppe, il figlio adottivo di Luigi, si sposò a Viguzzolo nel 1865 con Clara Palmana, sorella di Antonietta: uno dei testimoni di nozze era il conte Francesco Leardi. Anche questa cerimonia fu celebrata da don Pietro Ruffini.
Clara morirà nel 1866 partorendo il figlio Luigi, che morirà 9 giorni dopo.
La donna si spense nella "casa cava di San Rocco", mentre il neonato "nella casa del Signor Canonico Don Pietro Ruffini, sulle vie del Monastero e Corsica."
Come si può evincere da questa breve cronologia di eventi, il legame tra don Pietro Ruffini e le famiglie Berri e Palmana era profondo ed andava oltre il vincolo formale di parentela.
Perché?
Perché fu proprio don Pietro Ruffini, nonostante non fosse il parroco del paese, a celebrare i matrimoni dei Berri a Viguzzolo.
Perché il neonato Luigi Berri morirà nel 1866 proprio in casa Ruffini.
Perché fu per amore che Luigia ed Antonietta Palmana accudirono il vecchio e malato don Pietro fino alla sua morte.
Tra loro esisteva non solo un mero vincolo di sangue, ma anche una profondità di affetti veri e sinceri.
E questo legame si concretizzerà proprio nella cessione della casa della futura "via Leardi" con un evento tanto singolare quanto opportuno: la redazione di un "testamento segreto"!
LA RICONOSCENZA DI DON PIETRO RUFFINI
Don Pietro desiderava ardentemente ricompensare l'affetto per le cure ricevute dalle due donne Palmana e quindi, all'approssimarsi della sua dipartita, si mosse su più fronti.
Alla giovane Antonia Palmana fece una donazione: un terreno di "dodici pertiche" nella "regione della Pieve", "in attestato delle cure che continuamente gli prodiga insieme alla signora Luigia Palmana nella sua lunga malattia".[2]
Per Luigia, che già aveva tanto sofferto per la morte del marito Luigi, sacrificatosi per curare i viguzzolesi dal colera, la mossa fu più sottile ed arguta.
Consapevole che sarebbero sorti problemi se avesse reso pubblica l'intenzione di lasciare una parte sostanziosa delle sue proprietà ad una donna, per di più vedova ed anziana, e non ad uno dei suoi parenti diretti, preparò le sue ultime volontà il giorno 18 settembre 1868 nel massimo della discrezione e segretezza.
Il suo non fu un testamento pubblico, ma segreto: le carte furono chiuse minuziosamente dal regio notaio di Viguzzolo Emilio Sovera con ben undici sigilli di cera lacca rossa, su cui era impresso uno scudo con un leone in posa su un piano, sostenuto da tre piccole colonne ed ornamenti tutto intorno.
Quando il notaio rese noto che il giorno 9 novembre 1869, a 7 giorni del decesso di don Pietro Ruffini, sarebbe stato aperto il testamento segreto, Romualdo Ruffini, nipote di don Pietro, si precipitò ad assistere perché convinto di ricevere una bella eredità.
All'apertura erano presenti anche il pretore del mandamento di Viguzzolo, Felice Bellone, ed alcuni testimoni.
I sigilli furono controllati e risultarono intatti: il notaio li ruppe e lesse il testamento ad alta voce.
"Lego e lascio in piena proprietà alla signora Luigia Palmana (sorpresa!), vedova del sig. Luigi Berri la mia casa in questo Comune di Viguzzolo, civile e rustica con corte e giardino annesso, fra le coerenze della strada del Monastero, dell'Avv. Lorenzo Butteri Carpani, della strada di circonvallazione e di Bianchi Nicola con tutto v'è e quanto vi si troverà al tempo di mia morte in mobilia, mobili (...) cosicché non sia escluso li denari, cartelle del debito pubblico, argenterie, bestiami, attrezzi rurali, lingeria, granaglie...".
"Lascio alla suddetta signora, in usufrutto vita sua durante, il rimanente della mia sostanza..." inclusi una vigna di 23 pertiche ed un prato di 9 pertiche, richiedendo unicamente la celebrazione di alcune messe in sua memoria.

Possiamo immaginare la delusione di Romualdo che, probabilmente, già pensava di impugnare il testamento per rivalersi dei suoi diritti di parente diretto: ed è proprio qui che don Pietro Ruffini assesta il suo ultimo affondo, necessario proprio per proteggere Luigia Palmana.
Egli determina che Romualdo sia erede universale sì, ma solo per la restante parte dell'eredità e quindi scocca la sua ultima freccia: "a condizione però che rispetti scrupolosamente le mie disposizioni, e non rechi molestia alcuna o lite alcuna alla legataria Signora Luigia Palmana, sotto pena di essere decaduto dalla qualità di mio erede, nel quale caso l'intiera eredità si consoliderà nell'usufruttuaria Signora Luigia Palmana".
Touché!
Luigia ha quindi ereditato la casa e tutti i beni in essa contenuti e, a Romualdo Ruffini, resteranno solo le briciole: ecco l'ultimo atto di riconoscenza per l'amore che ella ha donato a don Pietro durante la sua malattia, un atto di sensibilità e protezione quasi paterna.
DAI PALMANA AI BERRI
La casa ed i beni passarono quindi ad una Palmana anche se, leggendo tra le righe dei documenti di quegli anni, i Berri probabilmente già abitavano in quella dimora.
Nell'atto di morte della neonata Maria Clara Berri di Carlo Giuseppe e Antonia Palmana del 3 giugno 1871, è scritto che la piccola si spense "nella casa paterna posta sulla contrada del Monastero".
E nell'atto di nascita di Luigi Berri del 1° aprile 1872, il padre Carlo Giuseppe dichiara che il bimbo nasce "nella propria casa posta sulla Via Alberto Leardi n.7".
È quindi plausibile ipotizzare che Carlo Giuseppe, dal suo secondo matrimonio con Antonia Palmana (26 aprile 1870), fosse già residente con la moglie in via Leardi, in coabitazione con Luigia Palmana: data la grandezza della casa, non credo che ci fossero problemi nel condividerla tra loro.
Carlo Giuseppe, tra l'altro, era diventato sindaco di Viguzzolo dal 1869.
Non è da escludere che vivesse lì anche da prima, visto l'atto di morte del piccolo Luigi del 1866 che avviene proprio in casa dell'ancora vivo proprietario don Pietro Ruffini.
I Berri diventeranno formalmente proprietari della "magione" grazie al testamento che Luigia Palmana redigerà il 16 marzo 1893: Antonietta Palmana e Carlo Berri fu Giuseppe saranno i suoi eredi universali.
Luigia morirà poi il 17 giugno 1895.
E, da allora, per più di 140 anni, la casa di via Leardi è diventata la "casa di famiglia dei Berri".
Quante storie nascoste si celavano tra quelle mura...
La scoperta, però, che quell'immobile fosse stato ceduto da don Ruffini come atto di riconoscenza a una donna per l'amore ricevuto durante la sua malattia, è stata una sorpresa inaspettata e bellissima.
Chissà quante altre storie come questa sono racchiuse nelle grandi case antiche di Viguzzolo davanti alle quali si passa distrattamente ogni giorno: riscoprirle significherebbe dare una nuova luce ad un passato che ha forgiato il presente in cui viviamo oggi.
Nel frattempo, quando vedrete in fondo a via Roma il portone austero della "magione dei Berri", ricordate quanti sentimenti, quanta gratitudine ed affetto sono racchiusi in quella casa, silenziosa testimone del grande cuore e della forza degli uomini e delle donne che hanno vissuto a Viguzzolo nei secoli passati.
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